Piano di Sorrento, “Il Regno che comincia dentro di noi”: una riflessione di don Rito Maresca
C’è una domanda che attraversa la vita spirituale di ogni credente: da dove comincia davvero il Regno di Dio? Non è una domanda teorica, né una curiosità da catechismo. È una questione concreta, che tocca la qualità della nostra vita, le nostre scelte quotidiane, la nostra libertà interiore.
Don Rito Maresca, amministratore parrocchiale della Parrocchia di Mortora a Piano di Sorrento, offre una meditazione incisiva e coraggiosa, che scardina molte delle nostre convinzioni e ci invita a guardare l’Avvento con occhi nuovi.
Don Rito scrive: «Da dove comincia davvero il Regno di Dio nella tua vita?
“Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono”.
Il Regno non è un “altrove” dopo la morte.
È la regalità di Dio qui: la vittoria della pace sui conflitti, della luce sulle logiche di morte, della vita abbondante sulle nostre paure più profonde.
Ma questo Regno non cade dall’alto come la neve di dicembre.
Non basta “aspettare in quiete”: il Quietismo è stato definito un’eresia proprio per questo.
Il Regno lo conquistano i “violenti”.
Non quelli che colpiscono gli altri, ma quelli che scelgono di usare forza contro se stessi:
contro i vizi, le dipendenze, le abitudini che ti stanno togliendo vita.
Hai mai provato a togliere un vizio? È una guerra.
Hai mai cercato di rompere una dipendenza? Ci vuole coraggio.
Hai mai provato a cambiare un’abitudine storta? Sembra di scalare una montagna.
Eppure è lì che il Regno prende forma.
In quella “violenza buona” che sveglia 15 minuti prima per pregare.
In quella decisione “violenta” di lasciare il cellulare fuori dalla camera.
In quel gesto “violento” di non usare più il cibo, o lo shopping, o il lavoro, come anestetico per il dolore.
È la rivoluzione che non fa vittime, ma libera schiavi.
La rivoluzione che non prende la Bastiglia, ma il tuo cuore.
L’Avvento non è l’attesa del presepe: è l’attesa del Regno che vuole nascere in te.
E nasce ogni volta che usi forza contro la tua rassegnazione, contro il “non ce la farò mai”, contro il “ormai sono fatto così”.
E tu… quale atto “violento per la libertà” sei chiamato a compiere oggi?».
Il cuore della riflessione di don Rito è una provocazione evangelica: il Regno di Dio non si conquista con inerzia o con un’attesa passiva. La “violenza” evocata da Gesù non è aggressione verso gli altri, ma determinazione interiore, forza applicata alle proprie zone d’ombra.
È un’idea profondamente cristiana: il vero combattimento non è contro persone o strutture esterne, ma contro tutto ciò che ci imprigiona dentro.
Oggi, forse più di ieri, il Regno di Dio appare come una lotta quotidiana contro la pigrizia spirituale, l’anestesia delle abitudini, la fuga nel consumo, le dipendenze che svuotano la vita, la rassegnazione che disinnesca ogni cambiamento.
L’atto spirituale non è romantico: è concreto, faticoso, a volte scomodo. Ed è proprio in questo impegno che il Regno “prende forma”, come dice don Rito, non nella teoria ma nella carne della nostra esistenza.
Gli ultimi paragrafi sono illuminanti: l’Avvento non è solo preparazione al presepe, né un’attesa affettuosa della nascita di Gesù. È un tempo di rivoluzione, un tempo in cui Dio chiede collaborazione e forza.
Gli esempi citati – svegliarsi prima, lasciare lo smartphone fuori dalla stanza, rompere dinamiche compensative come il cibo o lo shopping – mostrano che il Regno non chiede gesti eroici, ma un coraggio quotidiano. Sono piccole mortificazioni che non mortificano la vita, ma la liberano.
E questa rivoluzione “non fa vittime, ma libera schiavi”: una definizione splendida del Vangelo vissuto.
La riflessione di don Rito si chiude con una domanda che spiazza proprio perché personale e impossibile da delegare: qual è il tuo atto violento per la libertà?
Non chiede teorie, né vaghe promesse. Chiede un atto. Uno solo, oggi.
È una domanda che può cambiare la vita se la si ascolta davvero.
Perché il Regno di Dio comincia esattamente lì: in quel sì che rompe la rassegnazione, in quella scelta che mette Dio al posto dell’abitudine, in quella forza buona che apre un varco nella nostra storia.




