Piano di Sorrento, una settimana a Natale: memoria e futuro nella riflessione di don Rito Maresca
A una settimana dal Natale, quando l’attesa rischia di riempirsi solo di luci, fretta e riti ripetuti, arriva una riflessione che invita ad andare più in profondità. È il commento al Vangelo del giorno di don Rito Maresca, amministratore parrocchiale della Parrocchia di Mortora a Piano di Sorrento, che sceglie di soffermarsi su una pagina spesso trascurata: la genealogia di Gesù secondo Matteo.
Don Rito scrive: «Manca una settimana a Natale e il Vangelo non ci regala emozioni facili, ma una lunga lista di nomi. Una genealogia. Apparentemente noiosa. In realtà potentissima.
«Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo».
Dentro questa pagina ci sono almeno due parole chiave: memoria e generazione.
Matteo conserva la memoria. Non inventa Gesù dal nulla, non lo fa cadere dal cielo. Lo inserisce in una storia concreta, fatta di uomini e donne reali, di nomi, di legami, di fragilità e di coraggio. Tu da chi provieni? Qual è la tua storia? Fermati a fare memoria. Ascolta i racconti dei nonni, dei bisnonni, di chi ti ha preceduto. Scoprirai che non sei un caso isolato, ma parte di una storia molto più grande di te.
Poi c’è la generazione. Per quarantuno volte ritorna lo stesso verbo: generò. Non dice “riuscì”, “vinse”, “primeggiò”, ma generò. La Bibbia non celebra i perfetti, ma chi ha trasmesso vita. Allora la domanda diventa scomoda e decisiva: tu oggi chi stai generando? A chi stai dando vita, speranza, futuro? Non solo figli biologici, ma parole che fanno crescere, relazioni che curano, gesti che aprono strade.
Il Signore viene così: dentro una catena abbondante di vita imperfetta ma feconda. Non in una storia senza macchie, ma in una storia che non ha smesso di generare.
In questa ultima settimana prima di Natale prova a fare due cose: fai memoria della tua storia e scegli consapevolmente qualcuno a cui trasmettere vita».
Una riflessione che colpisce per la sua sobrietà e profondità, capace di ribaltare lo sguardo su una pagina evangelica spesso percepita come marginale. Don Rito non cerca l’effetto emotivo immediato, ma accompagna il lettore a riscoprire il valore della memoria, intesa come radice viva dell’identità. Gesù non nasce “fuori dalla storia”, ma dentro una trama fatta di nomi, volti, fragilità e fedeltà: una storia simile, in fondo, a quella di ciascuno di noi.
Ancora più provocatoria è la seconda parola chiave: generazione. Il Vangelo non esalta il successo, la vittoria o il primato, ma la capacità di trasmettere vita. È una logica controcorrente rispetto a quella dominante, che misura il valore delle persone in base ai risultati. Qui, invece, il criterio è la fecondità: quanto bene, quanta speranza, quanta possibilità di futuro siamo capaci di consegnare agli altri.
Il Natale, così, non appare come una parentesi sentimentale, ma come un evento che interpella il presente. La nascita di Cristo avviene dentro una storia imperfetta ma feconda, e chiede a ciascuno di interrogarsi: chi sto aiutando a vivere? chi sto accompagnando a crescere? Non solo attraverso la genitorialità biologica, ma con parole, scelte, relazioni quotidiane.
L’invito finale di don Rito è semplice e radicale allo stesso tempo: fermarsi, fare memoria, e scegliere consapevolmente di generare vita. Un esercizio spirituale e umano che restituisce al Natale il suo significato più autentico, trasformandolo da ricorrenza da celebrare a responsabilità da incarnare.




