L’arte presepiale ieri e oggi
La rappresentazione plastica del nostro Natale risente fortemente dell’interpretazione data da San Francesco, quando rappresentò per la prima volta nella storia la nascita di Gesù Bambino a Greccio. Era la notte di Natale del 1223. Il Poverello di Assisi volle vedere e toccare con mano i disagi e le sofferenze della Sacra Famiglia di quella notte a Betlemme. L’aperta campagna, le montagne sullo sfondo, la neve dei nostri presepi sono parte della visione francescana della Natività.
Napoli fece sua la lezione del Santo e, accanto ai due elementi fondanti, ovvero la grotta e il campo dei pastori, ne aggiunse un terzo, la taverna, per dare sfogo alla sua esuberanza e alla creatività; tavole imbandite e commensali gaudenti, vino in abbondanza e ogni ben di Dio, frutta e verdura, cacciagione in minuziose opere in creta o cera, talmente realistiche da sembrare vere. Intorno alla taverna c’è tutto un mondo che vive la sua quotidianità e non si accorge che la storia volta pagina, che ricomincia tutto da zero. D’altra parte la stella cometa non brilla sulla tavola imbandita, ma in alto, dalla parte della montagna, sul campo dei pastori.
La magia del Presepe consiste in quella capacità di trasmettersi da generazione a generazione come dono che passa dal padre al figlio, come dote per la ragazza da marito; i presepi di San Gregorio Armeno sono una calamita ed è giusto che accanto alle grandi creazioni d’arte ci siano quelle da pochi soldi, il Presepe è di tutti, tutti devono poterlo fare, spendendo ciò che vogliono e possono. La sublimazione di Via San Gregorio Armeno è il Museo di San Martino con le collezioni di pastori, dove il Cuciniello rappresenta l’apoteosi della bellezza e dell’arte del Settecento.
Eppure la creatività, come fiume, non ha mai smesso di scorrere e ancora oggi ci sono degli artisti che hanno raggiunto livelli incredibili, plasmando pastori di raffinata bellezza e presepi degni della migliore tradizione napoletana. Solo per rimanere nella nostra terra: Marcello Aversa di Sant’Agnello, Giuseppe Ercolano e Federico Iaccarino di Meta sono sulla buona strada per raggiungere la perfezione degli artisti del secolo dei Lumi. A Piano il culto e l’arte del Presepe trova continuatori negli artisti che ne hanno l’amore nel sangue e con impegno e passione realizzano creazioni eccezionali. Cosa dire di Antonino Morvillo, il suo presepe meriterebbe non l’umile ubicazione del Vico Mortora, ma l’atrio della reggia di Caserta. Bello e suggestivo quello di Francesco D’Urso in Via dei Platani, poi c’è Nello Romano che crea stupende miniature lavorando le pietre di tufo nel piccolo laboratorio in Via San Michele e Giuseppe Russo che porta avanti la tradizione natalizia a Santa Margherita. Incanta il presepe dipinto di Angela Vinaccia. Infine, la piccola Betlemme di Gaetano Maria Maresca, che inventa, modifica e migliora di anno in anno il lavoro in un piccolo vano nell’agrumeto di ‘O Prufessore. È la tradizione che continua nel tempo e trova modi diversi per rinnovare lo stupore del mondo di fronte a un evento tanto grande, offerto nella irrilevanza e banalità degli elementi usati, come sughero e cartone, creta e stoppa, vecchie stoffe, colla e muschio.
L’elenco dei grandi del Settecento napoletano è lungo: Sammartino, Vaccaro, Gori, Celebrano, Bottiglieri, Vassallo, Mosca, ecc. artisti immensi, forse ineguagliabili e unici nella storia dell’arte presepiale. Per noi oggi l’importante non è tanto raggiungere la loro perfezione, ma continuare nel tempo ciò che hanno iniziato, seguirne l’esempio e poi… un altro Sammartino? Mai dire mai!





